Tutto si è detto dei nostri tifosi, ultrà e “tiepidi” ma non si può dire che l’amore per la loro squadra non sia sincero. Ieri sera, a partire dalle 20, si è tenuto un mesto pellegrinaggio in Piazzetta della Lega, punto di ritrovo storico della città, e la gente ha cominciato ad arrivare alla chetichella, prima isolati, poi a gruppi, fino a colmare la piazzetta. Nel frattempo veniva montato un gazebo, e gli striscioni storici del tifo grigio campeggiavano ovunque, e grigio era anche il colore dominante, maglie sciarpe, bandiere, tutti gli intervenuti ostentavano con orgoglio un simbolo della loro squadra. Il clima era quasi di festa, ma una festa che sarebbe piaciuta a Joyce, una di quelle feste che gli irlandesi tengono alle veglie funebri, dove alla dolcezza del ricordo si mischia il dolore della perdita, perché di questo si trattava, la commemorazione di una realtà che solo un miracolo può ripristinare. Sono arrivati tutti, i tifosi storici e gli ultrà più sfegatati, anziani con i loro ricordi di tempi calcisticamente più felici e giovani che forse non vedranno mai una partita in grigio, alcuni politici, presenti come tifosi, e che come tifosi non avevano né colore né nome, se non il grigio della squadra e l’appellativo di tifosi. Ieri sera non era il tempo delle strumentalizzazioni o dei discorsi retorici, ieri sera era una cerimonia privata, in cui anche la stampa si sentiva estranea. I tifosi hanno mostrato un orgoglio ed una dignità ammirevoli, in una manifestazione che ha segnato il loro rispetto per la squadra e per quello che ha rappresentato e per loro rappresenterà sempre. Erano quasi le dieci quando il corteo ha cominciato a snodarsi per Corso Roma tra canti e cori, mentre molti curiosi osservavano, ma pochi si univano, nonostante i ripetuti inviti. Mentre il corteo proseguiva per Piazza Garibaldi la tensione ha cominciato a crescere, con il dolore dei partecipanti, in tutto forse duecento, duecentocinquanta, ed i cori del tifo hanno lasciato posto ai cori di protesta, e di invettiva con quelli che i tifosi ritengono responsabili della situazione, il Sindaco, il Presidente della Provincia, l’ex Presidente della squadra, la Cassa di Risparmio di Alessandria, gli industriali locali, e gli odiati nemici/ avversari di sempre, quelli dei cori dello stadio, quando i cori erano ancora un evento da preparare per la domenica dopo, perché i tifosi erano sicuri di andare anche la domenica dopo a vedere la loro squadra, per discuterne poi tutta la settimana. In Via Cavour la rabbia era al colmo,ed i cori includevano anche la città, che osservava apatica la manifestazione, senza unirsi. Era impressionante vedere tifosi veterani di mille cariche e tafferugli, per intenderci i classici tipi da stadio che evitiamo se non andiamo allo stadio tutte le domeniche, commossi e furenti, ma che si limitavano a sfogare la loro frustrazione con cori, senza abbandonarsi ad alcuna altra forma di violenza , nemmeno quando la manifestazione è giunta al termine, in Piazza delle libertà, davanti al Comune. Gli striscioni sono stati deposti davanti alla cancellata, e li lasciati, in segno di protesta, poi la gente è tornata in Piazzetta, la città non aveva risposto, e i tifosi hanno sentito il bisogno di ritrovarsi tra di loro, tra chi ha manifestato, anche se sapeva già in anticipo che non sarebbe servito a nulla, solo perché sentiva che era giusto farlo, era giusto salutare quasi un secolo di emozioni con un urlo d’amore. ("L'orso chiama ma la città non risponde",www.inalessandria.it)